Con il termine cartella clinica si intende un insieme di documenti che registrano tutte le informazioni anagrafiche e sanitarie di una persona malata. È un "diario della salute", tramite il quale i medici possono avere un quadro complessivo della storia della salute delle persone e possono diagnosticare meglio un disturbo o decidere la terapia più appropriata.
La persona malata ha pieno diritto a vedere la propria cartella clinica, anche durante il suo ricovero, o a chiederne una copia, una volta dimesso. Ogni Asl stabilisce il costo della copia, così come le modalità per richiederla (qual è l’ufficio competente) ed i tempi di rilascio.
Possono chiedere o ritirare la copia di una cartella clinica:
- la persona direttamente interessata. Se la persona è minorenne o interdetta, la cartella deve essere rilasciata al genitore o al tutore legale;
- un’altra persona, anche il proprio medico di famiglia, che abbia una delega scritta da parte dell’interessato;
- gli eredi legittimi, con riserva per determinate notizie;
- i medici che la richiedono, per scopo scientifico o statistico, con l’obbligo di mantenere l’anonimato. Se, infatti, la persona malata ha dato il consenso al trattamento dei suoi dati, i medici possono averne accesso rispettandone, secondo l’obbligo del segreto professionale, la riservatezza;
- l’Autorità giudiziaria, gli enti previdenziali, il Servizio Sanitario Nazionale
Proprio per la loro importanza, le informazioni contenute nella cartella clinica devono essere leggibili e chiare. Non esistono leggi specifiche che regolano come compilare e gestire la cartella clinica. Tuttavia, dalla normativa esistente e dal Nuovo codice di Deontologia Medica, si possono ricavare alcune regole:
- la cartella clinica deve essere scritta in modo chiaro, leggibile da tutti;
- le informazioni ivi contenute devono essere complete (esami medici effettuati, diagnosi, terapie ecc.) e devono essere scritte immediatamente sulla cartella, non in un secondo tempo. Solo in questo modo, infatti, un altro medico che visiti un ammalato può avere il quadro completo della situazione;
- nessuna annotazione già scritta può essere cancellata. Eventualmente, una seconda nota può smentirne una precedente;
- i dati, le informazioni, della cartella clinica sono personali, privati della persona malata, non pubblici. Sono, cioè, dati sensibili e non possono essere accessibili a nessuno, se non previo il consenso scritto del malato. Il malato, generalmente, esprime il suo consenso all’ingresso nella struttura sanitaria, leggendo e firmando un modulo;
- le cartelle cliniche ed i referti medici devono essere conservati per sempre, illimitatamente, nella struttura ospedaliera. Tra le motivazioni di tale norma vi è la garanzia della "certezza del diritto" e l’importanza vitale di tale tipo di documentazione, anche per eventuali studi futuri. Solo alcuni documenti, come le radiografie, possono essere conservate per un periodo limitato: 20 anni;
- la responsabilità della corretta gestione e conservazione della cartella clinica è del Primario del reparto in cui si è in cura e passa alla Direzione Sanitaria nel momento in cui la cartella clinica è archiviata. Il compito di conservare la cartella nel reparto ospedaliero è, invece, dell’infermiere del reparto.